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Il rebranding può diventare un brand suicide
Se sei un imprenditore nel settore moda, sai bene che il tuo brand per stare al passo, deve crescere, evolvere, ma anche adattarsi ai tempi che cambiano.
In termini tecnici si parla di rebranding ogni volta che c'è bisogno di dare una "rinfrescata", ovvero rendere l'immagine più attuale e al passo con i tempi. In questo processo non sempre indolore, e spesso travagliato, c'è una linea sottile che se oltrepassata rischia di innescare un autentico harakiri in grande stile, un vero e proprio autogol di marketing denominato brand suicide.
Sicuramente ti sono già venuti in mente tutti quei casi di marchi storici che hanno venduto l'anima al diavolo, sacrificando anni di investimenti e storia sull'altare delle tendenze del mercato, un fenomeno strettamente legato all'introduzione di una nuova figura, quella del direttore creativo, termine coniato per designare non più un artista-artigiano competente in materia ma un guru dell'immagine.
Il sarto-couturier: l’artista che dettava le regole
C'era una volta il sarto-couturier, come Christian Dior, capaci di creare non solo un abito su un manichino, ma uno stile fatto di emozioni e sogni, ambiti da tutti, ma appannaggio di pochi.
I sarti erano i sacerdoti dell'alta moda, maestri di un'arte che richiedeva manualità, precisione e una visione unica.
Le loro creazioni erano esclusive, fatte su misura, e l'identità dei loro brand era indissolubilmente legata alla loro persona e alla loro maestria, erano un'estensione della loro anima.
Lo Stilista-Designer: il creativo che industrializza la moda
Con l'arrivo del prêt-à-porter, la moda ha smesso di essere un privilegio per pochi. Gli stilisti-designer, come Giorgio Armani , hanno saputo conciliare creatività e produzione su larga scala. Il loro talento consisteva nel tradurre l'alta moda in abiti indossabili e commercialmente appetibili, costruendo una forte identità di marchio. Hanno dimostrato che si può essere visionari e accessibili, mantenendo sempre saldi i valori del brand.
Il direttore creativo: il visionario che deve produrre profitto
L’era dei grandi gruppi finanziari del sistema moda, ha dato vita ad una nuova figura: il direttore creativo. Un curatore d'immagine dall’ego potente, che ha il compito di dispensare coolness come se piovesse, per raccogliere i dividendi di azionisti impazienti di fare cassa. L'importante è azzeccare le richieste del mercato globale, o meglio di generarne sempre di nuove, creando bisogni laddove non ne esistevano.
E la reputazione del brand? Un bel ciaone e si fa tabula rasa, magari si va a pesca nell'archivio a rispolverare qualche pietra miliare, ma scomponendola, un po' come è di moda fare con il tiramisù. E un pezzo alla volta si smonta un mito.
Il risultato? Un'immagine confusa, che non parla più al vecchio e non sempre azzecca i gusti del nuovo.
Troppi brand ormai vivono sulle montagne russe, in un percorso pericoloso fatto di salite impervie e discese a picco, ad alto rischio di Brand Suicide.
E tu dove vuoi portare il tuo brand?
La crescita di un brand deve essere un processo graduale, un lavoro chirurgico che rafforza l'identità, non che la distrugge.
Con il nostro metodo BRAND SURGERY, analizziamo la storia e i valori del tuo brand per aiutarti a evolvere senza commettere un Brand Suicide.
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Cosa aspetti? È il momento di prenderti cura del tuo brand…
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